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Filippo Falaguasta
Miracle worker, di Riccardo Bonini
20 ottobre 2014
Proporre un percorso artistico come quello di Filippo Falaguasta, estremamente legato
al concetto del lavoro come professione (non solo intellettuale), non avrebbe potuto
trovare una sede maggiormente esplicita ed ideale allo stesso tempo come un'istituzione
nata allo scopo di promuovere, tutelare ed agevolare la vita produttiva del Paese.
Nel corso della sua complessa esperienza artistica, Falaguasta plasma una personale
mitologia della professione, una sorta di inno alla dedizione al lavoro, articolandola in
eterogenee re-interpretazioni.
- Partendo dalla sua accezione più diretta: l'offerta di una prestazione professionale.
SERVICE OFFER - Durante gli anni '90 struttura una rigida griglia di servizi che egli
stesso si sente in grado di offrire, appunto, ad un livello tecnico altamente adeguato:
da pittore figurativo a meccanico generico, da artista concettuale a producer techno,
da imbianchino a cameriere; tutte declinazioni eseguite non solo con dedizione,
ma con assoluta perizia e competenza. Ad essere messo in discussione, semmai,
è -al solito- proprio il ruolo dell'artista, la cui 'figura' viene estromessa dalla scena,
e del suo prodotto. Emerge dunque l'aspetto performativo straordinario di una
personalità poliedrica che trova nel perfetto svolgimento del preciso compito assegnatogli
un percorso di gratificazione (personale e collettiva) degno di essere isolato
e ricordato autonomamente, sfuggendo al flusso routinario che solitamente
coinvolge l'esperienza professionale. Non è quindi raro riconoscere l'artista servire
cocktail impeccabili alle proprie inaugurazioni sottraendo al pubblico il feticcio dell'artefatto
e/o dell'artista al centro della sua propria inaugurazione e lasciandolo
spaesato (cosa devo guardare?) durante l'inconsapevole fruizione di un servizio impeccabile, al termine del quale riceverà una nota specifica (ovviamente in modulo
prestampato) in cui si certifica che a preparare e servire il cocktail di cui sopra è stato
proprio l' artista, che risolve così il compito affidatogli specificando che l'oggetto
che attesta l'esistenza sua e della sua opera è il vero motore dell'azione: il lavoro
offerto attraverso passione e professionalità diventa quindi operazione artistica. Lo
stesso dopo l'imbiancatura di un garage, o l'ingaggio per una serata di compleanno
movimentata. Di questa prima fase concettuale, estremamente affascinante, verranno
riportati i passaggi più significativi, attraverso fotografie dell'archivio dell'artista
e, chiaramente, il modulo prestampato della scheda (con relativo elenco delle prestazioni).
- Lavoro come testimonianza: le sculture in fibrocemento, nudi objets trouvés, risultano
parte tanto della storia industriale collettiva (un 'errore' - l'Eternit - attorno a cui
è girata buona parte di un'architettura industriale che ora ci appare - almeno parzialmente
- preistoria) quanto di quella privata (piccoli edifici e rimesse private diffusi
più o meno capillarmente in tutto il Paese). Forme prodotte attraverso procedimenti
di stampaggio industriale, recuperati dall'ex zuccherificio di Sarmato in cui
l'artista ha trascorso alcuni anni della sua esperienza lavorativa, rimangono come simulacri
informali della Storia (e delle migliaia di storie). A questi particolari reperti
si uniscono ulteriori interventi di recupero: vecchie planimetrie su carte lucide colorate
anni '70 passano attraverso microscopici, impercettibili interventi di modifica
grafica, conferendo alla rappresentazione della fredda analisi dei luoghi un valore
essenzialmente romantico.
- Lavoro come meticolosa applicazione della tecnica. L'ultima tranche dei lavori di Falaguasta
può essere letta come una sorta di consapevole ritorno all'uso di un procedimento
estremamente particolare, declinato in maniera ancora più singolare: affresco
sviluppato su tela. L'interesse dell'artista nella ricerca di qualcosa di unico e
perfettamente irriproducibile lo ha portato a confrontarsi con diverse tecniche e
supporti del disegno, fino al lavoro su tele di grandi dimensioni alla ricerca di una
sorta di decorativismo istantaneo dai soggetti consapevolmente naïf. La scelta e l'uso
di questa tecnica, che per natura non ammette ripensamenti di alcun genere,
consente all'artista di riflettere sul valore della pratica manuale nella definizione di
arte contemporanea, sull'incontro tra la cultura della progettazione e l'intervento
creativo, e di confrontarsi con una produzione radicalmente rinnovabile ed estremamente
diversa dalla serialità a cui siamo ormai spesso abituati, soprattutto nella
definizione di un 'gusto' estetico standardizzato dominante.
Attraverso ognuna di queste operazioni Filippo Falaguasta sottolinea l'interesse per il
motore viscerale della propria azione artistica attraverso un perpetuo rito di camouflage.
E indica una traccia per porre al centro della scena un io continuamente rigenerato
e sovrastimolante. Segnalandoci che è nel mettere la propria vita a disposizione di un
progetto che questa acquisisce significato, e può in definitiva permettersi di cambiare.
Riccardo Bonini
MOSTRE PRECEDENTI:
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De rerum natura, di Riccardo Bonini
21 ottobre 2013
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